UE: nuova proposta di direttiva sui“claims green” 
Greenwashing

UE: nuova proposta di direttiva sui“claims green” 

La UE spinge per limitare le dichiarazioni verdi fraudolente. 

Il problema dei “claims green” e le “dichiarazioni verdi” sono state già affrontate nei nostri portali, in precedenti articoli, quali ad esempio: 

 

Il fenomeno Greenwashing e le affermazioni ambientali fuorvianti sono infatti tematiche che vedono sia i produttori che i consumatori stessi, al centro di diverse questioni che hanno come risultato la limitazione del vero concetto di sostenibilità ecologica.

In questo un ruolo importante è legato al legislatore che, ad oggi, non ha ancora preso una posizione chiara verso i claims green e la possibilità di utilizzarli correttamente. 

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Un mondo di comunicazioni..non sempre veritiere. 

Da alcune ricerche condotte dalla commissione UE è emerso che vi sono almeno 230 diversi marchi di qualità ecologica sul mercato dell’UE, tutte informazioni che arrivano al consumatore che inevitabilmente si trova a dover “verificare la loro veridicità”.  

La Commissione ha effettuato due inventari delle asserzioni ambientali: uno nel periodo 2014 e uno nel periodo 2020. Gli studi hanno esaminato un campione di 150 asserzioni ambientali per un’ampia gamma di prodotti contrarie ai principi della direttiva sulle pratiche commerciali sleali (UCPD): 

  • chiarezza 
  • univocità 
  • accuratezza 
  • verificabilità. 

Lo studio del 2020 ha rilevato che una quota considerevole di dichiarazioni ambientali (53,3%) fornisce informazioni vaghe, fuorvianti o infondate sulle caratteristiche ambientali dei prodotti in tutta l’UE e in un’ampia gamma di categorie di prodotti. Ha anche analizzato la fondatezza di tali affermazioni esaminandone la chiarezza, l’accuratezza e la misura in cui sono supportate da prove che possono essere verificate.

 L’analisi ha rilevato che il 40% delle affermazioni non era comprovato, un bel problema se comparato ai principi di trasparenza e chiarezza verso il consumatore. 

Claims green e asserzioni ambientali.

I risultati delle indagini UE sono stati confermati anche da un’indagine condotta dalle autorità della Cooperazione per la tutela dei consumatori.  

Delle 344 dichiarazioni di sostenibilità valutate, le autorità hanno ritenuto che in oltre la metà dei casi (57,5%), il commerciante non avesse fornito elementi sufficienti consentendo di giudicare l’esattezza dell’affermazione. In molti casi, le autorità hanno avuto difficoltà a stabilire se la dichiarazione riguardasse l’intero prodotto o solo uno dei suoi componenti (50%), se si riferisse all’azienda o solo a determinati prodotti (36%) e quale fase del ciclo di vita del prodotto coprisse (75%). 

Inoltre, la maggior parte delle parti interessate consultate ha convenuto che il greenwashing è un problema, con la notevole eccezione dei rappresentanti dell’industria. Più della metà ha riscontrato affermazioni fuorvianti e ha espresso minore fiducia nelle dichiarazioni e nei loghi ambientali gestiti da aziende o enti privati. 

Il consumatore e i suoi dubbi 

La maggior parte dei rispondenti alle consultazioni mirate ha indicato che i consumatori non sono consapevoli dell’impatto ambientale dei prodotti perché le informazioni non sono fornite o non sono disponibili. 

In generale, la fiducia dei consumatori nelle dichiarazioni ambientali è piuttosto bassa. Durante la consultazione pubblica aperta del 2020, il pubblico in generale non era d’accordo con l’affermazione secondo cui si fidava delle dichiarazioni ambientali sui prodotti (1,57/4,00). 

Allo stesso modo, nella consultazione pubblica aperta, oltre un quarto (27%) dei partecipanti ha individuato “la proliferazione e/o la mancanza di trasparenza/comprensione/affidabilità di loghi/etichette di sostenibilità su prodotti e servizi” come un ostacolo rilevante al rafforzamento dei consumatori per la transizione verde. 

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Etichette green fraudolente e svantaggio commerciale.

Questa proliferazione di etichette combinata con i loro vari modelli di governance implica che produttori e rivenditori possono applicare una varietà di strategie optando per un’etichetta di sostenibilità specifica. 

Molto spesso, questo si traduce anche in aziende che espongono varie etichette per garantire la sostenibilità dei loro prodotti. Il 34% delle imprese ha individuato come ostacolo “la proliferazione e/o la mancanza di trasparenza/comprensione/affidabilità di loghi/etichette di sostenibilità”.  

In effetti, le aziende che si sforzano di aderire o sviluppare schemi di etichettatura ambientale affidabili sono svantaggiate rispetto alle aziende che utilizzano etichette ambientali inaffidabili poiché i consumatori spesso non sono in grado di distinguere.  

Questo problema è stato amplificato dalla rapida comparsa di una serie di sistemi di etichettatura (privati/volontari) a livello nazionale/di Stati membri, rendendo sempre più difficile per i consumatori la comparabilità tra i prodotti. 

In partica le aziende che offrono prodotti veramente sostenibili sono svantaggiate rispetto a quelle che non lo fanno e questo è un vero problema che ostacola la reale transizione verde in quanto il consumatore non si fida davvero. 

La nuova proposta di direttiva sui “claims green” 

La UE inizia a muoversi e lo fa a tutela di un mercato in crescita, quello dei prodotti più sostenibili. 

La nuova direttiva si applica alle dichiarazioni ambientali esplicite fornite dai professionisti sui prodotti o dai professionisti nelle pratiche commerciali tra imprese e consumatori e ha lo scopo di: 

  • rendere le affermazioni verdi affidabili, comparabili e verificabili in tutta l’UE; 
  • proteggere i consumatori dal greenwashing; 
  • contribuire alla creazione di un’economia circolare e verde dell’UE consentendo ai consumatori di prendere decisioni di acquisto informate; 
  • contribuire a stabilire condizioni di parità quando si tratta di prestazioni ambientali dei prodotti. 

Questa nuova proposta prevede norme più specifiche e integra le modifiche proposte alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali. La UE mira quindi ad affrontare una serie comune di problemi, attuando diversi elementi dello stesso pacchetto strategico individuato nella valutazione d’impatto pubblicata insieme all’iniziativa sull’emancipazione dei consumatori per la transizione verde. 

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Un impegno concreto da parte del legislatore 

I consumatori vogliono essere meglio informati sugli impatti ambientali dei loro consumi e fare scelte migliori. E’ questa la domanda a cui deve rispondere il Green Deal europeo impegnandosi a contrastare le false dichiarazioni ambientali garantendo che gli acquirenti ricevano informazioni affidabili, comparabili e verificabili per consentire loro di prendere decisioni più sostenibili e ridurre il rischio di “lavaggio ecologico” o greenwashing. 

La proposta di direttiva sui “claims green” e sulle asserzioni ambientali è la risposta della Commissione a questo invito. 

Quali sono i prossimi passaggi

Seguendo la procedura legislativa ordinaria, il prossimo passaggio del legislatore è quello di portare la nuova proposta di direttiva Green Claims all’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio. 

Se vi sarà esito favorevole, la nuova proposta di direttiva Green Claims potrà passare ad atto ufficiale e continuare il suo percorso di approvazione.